mercoledì 19 febbraio 2014

Tempi di selezione lunghi: sollecitare o aspettare ?

Prendo spunto da un messaggio privato che ho ricevuto pochi giorni fa da una ragazza su Linkedin.Questa giovane professionista mi ha aggiunto sul noto Social Network mi ha inoltrato un messaggio privato.
Nel testo spiegava di essere interessata alla compagnia per cui lavoro e di aver fatto un paio di application qualche settimana prima, ma di non aver ricevuto ancora nessuna risposta.Mi chiedeva se potessi consigliarle qualche contatto diretto per sincerarsi che la sua candidatura non fosse stata scartata.

Le ho risposto che non sarei stato in grado di aiutarla e le ho fatto un incoraggiamento ad attendere la comunicazione di fine selezione. La motivazione ? Innanzitutto perché non mi occupo di Recruiting.
Tuttavia, anche se ho evitato di riferirlo, perché ritengo che la mossa sia stata molto sbagliata. 

Ed è su questo tema che oggi vorrei portare una riflessione.Bisogna sempre tenere a mente che ogni mercato è composto da una domanda e da un’offerta, che si incrociano quando l’esigenza di chi compra si sposa con quella di chi vende.Il mercato del lavoro funziona più o meno allo stesso modo.

Ci sono alcune eccezioni che potremmo definire “asimmetrie”, raccomandazioni, colpi di fortuna e di sfortuna, non dovremmo interessarci a questo.Focalizziamo la nostra attenzione su quello che possiamo fare e su come farlo al meglio.

Un’azienda si mette alla ricerca di personale quando ha un’esigenza particolare.Non serve “qualcuno che faccia qualcosa”, ma la persona giusta che sappia fare quello che all’azienda serve in quel preciso momento. Quando ci candidiamo per un lavoro dobbiamo innanzitutto conoscere bene l’attività richiesta e le skill necessarie per poterla fare bene.Se siamo sicuri di avere le “carte in regola”, dobbiamo essere capaci di offrire un cv ed una cover letter accattivanti per la “domanda”. Se sappiamo dove colpire per andare a segno, inseriamo nel cv tutte le esperienze, la formazione e le skill che vogliamo vengano lette. 

Dopodiché dobbiamo solo attendere con pazienza.

Se l’azienda riconoscerà il nostro potenziale, si farà sempre viva, perché è nel suo interesse.  Solo in questa fase avrà inizio il naturale processo di reciproca conoscenza che potrà concretizzarsi in seguito alla naturale discussione relativa a tutti i dettagli del lavoro.Allora perché non cercare di entrare in contatto con il potenziale datore di lavoro con metodi non convenzionali e sollecitare una risposta ?

Perché si fornisce al datore di lavoro un’informazione in più, che nella migliore delle ipotesi è inutile, e nella peggiore è dannosa. Si rischia di apparire impazienti, o al peggio disperati.Chi domanda un servizio, di qualsiasi natura esso sia, tende a fidarsi meno di un venditore impaziente o disperato, perché potrebbe leggere tra le righe che l’offerta nasce più da un bisogno impellente del venditore (candidato) di fare un affare, piuttosto che da una valida occasione per trarre un reciproco vantaggio.

Spesso i processi di selezione richiedono tanto tempo. I recruiter vagliano diverse ipotesi e possono accantonare la vostra offerta per poi riprenderla successivamente. A volte inoltriamo una candidatura e veniamo contattati anche alcuni mesi dopo. Altre volte i tempi di risposta sono rapidissimi.Un processo di selezione si articola attraverso diversi passaggi. Serve scremare, tra tutte le richieste, solo quelle in linea con i requisiti della posizione.Dopodiché occorre dare priorità ai profili che appaiono più interessanti.In certi casi le prime scelte si rivelano sbagliate, e negli step successivi il processo si interrompe, per riprendere da capo con nuovi candidati.Putroppo quando ci candidiamo, non possiamo controllare queste tempistiche.

Sollecitando la propria valutazione si corre il rischio di bruciarsi in partenza. Per cui il mio consiglio è quello di gettare l’amo con la massima sicurezza e attendere fiduciosi.Nella mia esperienza tutte le candidature fatte all’estero hanno sempre ricevuto una risposta, negativa o positiva che fosse.Se stiamo puntando a trasferirci in un luogo che non conosciamo dobbiamo essere determinati nel dare un immagine di noi professionale e corretta. 

Il tentativo di ricorrere a piccole scappatoie o a network privilegiati rischia di peggiorare solo la situazione.In questi casi la pazienza si dimostra davvero la virtù dei forti.E tutti noi, quando vogliamo iniziare una nuova esperienza, vogliamo e dobbiamo esserlo.

"La pazienza è la più eroica delle virtù giusto perché non ha nessuna apparenza d'eroico." G.Leopardi

lunedì 27 gennaio 2014

Gli italiani tornano a emigrare ?

Per introdurre questo argomento vorrei partire dai dati sulle migrazioni internazionali e interne recentemente pubblicati dall'Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).

Nel 2012 i nuovi ingressi in Italia ammontano a circa 351 mila unità, 35 mila in meno rispetto all’anno precedente (-9,1%), mentre il numero dei connazionali emigrati è salito a quota 68 mila, contro i 50 mila del 2012 (+36%).

A queste cifre si vanno a sommare le cancellazioni di cittadini stranieri residenti, da 32 mila (dati 2012) a 38 mila unità (+18%).

Il totale l'ISTAT riporta quindi 106 mila uscite dal territorio nazionale ed un saldo migratorio netto pari a 245 mila unità, in diminuzione di quasi il 20% rispetto al 2011. Il valore più basso dal 2007.

Questo trend spiega più di mille parole e molto più di articolati discorsi politici quello che sta succedendo in Italia (e non solo) e che parte dalla crisi del mercato del lavoro innescata dal cocktail esplosivo di crisi industriale e politiche di austerità.

Di fronte alla nuda e cruda verità dei fatti, diventa molto semplice rispondere alla domanda di apertura del post. Gli italiani tornano ad emigrare? Sì, e personalmente ritengo che questo fenomeno sia solo agli inizi.




Osservando l'età media degli expat italiani si nota un picco significativo tra i 25 ed i 35 anni, mentre il 27,6% del totale dei migranti è almeno laureato.

Stiamo assistendo alla più grande esportazione di forza lavoro produttiva degli ultimi decenni.

Potremmo affermare, non senza un sorriso di amarezza, che l'Università italiana stia formando futuri professionisti da "regalare" ai sistemi lavorativi e contributivi di altri paesi.
In particolare tra i laureati le mete preferite nel 2012 sono state Regno Unito, Germania, Francia e Svizzera.
Coloro che invece si sono voluti spingere oltre le "Colonne d'Ercole" sono emigrati principalmente negli Stati Uniti ed in Brasile.

Non stiamo più parlando della fuga dei "cervelli". Stiamo parlando della "fuga delle gambe e delle braccia" di un paese che un tempo si considerava geopoliticamente influente.

Ma come si può biasimare un giovane ragazzo che, finiti gli studi, si ritrova rimbalzato tra stage non pagati, lavoretti in nero e concorsi organizzati ai limiti dell'assurdo ?
Chiunque abbia un po' di ambizione ed un paio di lingue straniere può prendere un volo Ryanair e tentare la sorte altrove, ottenendo almeno la speranza di farcela.

Il tema della motivazione e della voglia di crederci non si può analizzare con le statistiche ed i grafici, ma si respira camminando per strada, scambiando due chiacchiere al bar con il conoscente che non vedevi da mesi. Generazioni cresciute con la promessa di studiare "qualcosa" in cambio di un futuro si sono ritrovate con un pungo di mosche in mano, e questo ha in alcuni casi prodotto sconforto e frustrazione.

In tanti altri, però, ha stimolato le energie e la fantasia. La voglia di avere un piccola rivincita personale, il desiderio di avventura o semplicemente quella sensazione che avverte chi non ha nulla da perdere e che si ritrova ad attaccare a testa bassa con molta più forza di prima.

Anche per questo tanti italiani sono partiti, e tanti altri partiranno.


"I viaggi danno una grande apertura mentale: si esce dal cerchio dei pregiudizi del proprio Paese e non si è disposti a farsi carico di quelli stranieri." Charles de Montesquieu

Fonte: www.istat.it
Immagine: Jack Vettriano, The Drifter

domenica 26 gennaio 2014

Spiegare le vele

Questo Blog nasce con l'intenzione di dare forma a tanti pensieri e riflessioni sui temi socio-economici dei giorni nostri. Per chi come me è nato negli anni '80 in Italia, temi come l'economia, il lavoro, il confronto con paesi vicini e lontani sono entrati nella quotidianità senza bussare.
Nel mio caso sono diventati una passione.

Quello che cercherò di fare in questo spazio è di riportare gli articoli e le esperienze più interessanti per stimolare il dibattito e l'interesse su quello che sta succedendo in Italia ed in Europa, dove ogni giorno tante ragazze e tanti ragazzi fanno i bagagli e partono alla ricerca di un futuro migliore in altri paesi (Uk, Germania, l'Oriente etc.etc...).

Per capire come siamo arrivati a questo punto ed in quale direzione stiamo andando non possiamo dimenticare quello che è successo e quello che sta succedendo attorno a noi.

Scrivo queste prime righe da Berlino, dove ho realizzato il mio primo, non semplice, "progetto di espatrio" e dove ho trovato lo spirito e l'energia per mettere nero su bianco tutte le idee che gli ostacoli, i fallimenti ed i successi di questi anni hanno generato.

A tutti coloro che sono emigrati alla ricerca del proprio "nuovo mondo" o per tutti coloro che sognano di farlo, do il mio più caloroso benvenuto.
Spero che all'interno di questo spazio possiate trovare qualcosa di interessante o condividere le vostre idee.
L'importante è condividere il medesimo modo di pensare: "non possiamo direzionare il vento, ma possiamo spiegare le vele"

A.V.